I principi, il sogno, la realtà

Lo si dica una volta per tutte: l’accesso alla professione di avvocato non è per tutti.

Esiste una malattia perniciosa che affligge taluni giovani neolicenziati che si iscrivono a Giurisprudenza: la dikaiopatia. Questa patologia porta poi una parte di questi studenti, intrisi di teorie ed alti principi, a varcare le porte di uno studio legale per esercitare la professione forense.

Fino a questo punto i neofiti, hanno assorbito, metabolizzato, incarnato i principi di giustizia, il fantastico ruolo dell’avvocato senza il quale la giustizia non può essere esercitata, il diritto alla difesa costituzionalmente garantito. Tutto luccica, tutto splende, tutto onora e ripaga la fatica fino a quel punto impiegata per ricoprire un ruolo nobile nella società.

Superata la terribile prova viene poi il tempo di rimboccarsi le larghe maniche della toga. Con soddisfazione si affronta la spesa della tassa di conservazione all’albo pari ad € 140,00 annui. Se non si hanno antenati e natali nell’avvocatura e se non si dispone di uno studio di proprietà, si dovrà prenderne uno in locazione, magari con un neo-collega cireneo. Basterebbe rispondere a qualche annuncio affisso qua e là nei meandri del Tribunale e il gioco è fatto: con € 250,00/mese si può pure iniziare. Ora è necessaria l’assicurazione professionale € 200,00, una buona banca dati approfittando dell’offerta xxx a € 56,00 al mese; una pec da € 10,00 all’anno; un contratto telefonico-fax in offerta a 25,00 al mese; una quota luce al 50% con il collega ad € 100,00/mese; l’amico commercialista € 100,00/mese, la firma digitale e chiavetta di accesso al pct, tassa rifiuti 700 € annui; infine, ma non è finita, almeno due codici commentati dal costo di € 200,00 cadauno salvo riforme sempre in agguato.

In totale la spesa iniziale per l’avvio del magico viaggio nell’avvocatura è pari ad € 7.822,00. A questo deve aggiungersi il contributo fisso a Cassa Forense il cui “contributo soggettivo minimo per i primi sei anni di iscrizione sarà ridotto della metà; per l’anno 2023, tale somma ammonta a € 1.592,50“.

In via certamente approssimativa e con importi certamente al ribasso, il giovane collega, il primo anno, si troverà a dover far fronte ad una spesa annua di € 9.414,50 per pagare la quale dovrà incassare 11.259,74 (di cui € 1.412,17  15% Irpef considerando il regime forfettario (ridotto al 5% per i primi cinque anni di attività),  e € 433,07 Cassa Forense ridotta al 50%).

Incassati gli 11.259,74 € il Nostro, avendo assolto ai propri obblighi, avrà tasche al verde e a casa (per la quale speriamo non debba pagare canone di locazione) il frigorifero vuoto! Si consideri che poi, per riempire quel frigorifero vuoto, dovrà comunque continuare ad incassare somme anche per lo Stato e per Cassa Forense!

L’esemplificazione sopra richiamata non riguarda solo chi si affaccia alla professione forense ma anche chi ci è già dentro le cui spese fisse, ovviamente, lievitano ulteriormente. Si consideri che, nel pieno della crisi economica che stiamo attraversando, le spese che oggi gravano sullo studio legale sono maggiorate grazie anche alla svolta digitale ed alle ultime riforme che onerano di ulteriori incombenze che fino a ieri gravavano su Cancellerie e Ufficiali Giudiziari: per tale aggravio NULLA è stato riconosciuto all’Avvocatura! Neppure per adeguare gli studi alle nuove pretese procedurali.

Concludendo sarà bene che gli aspiranti avvocati, insieme al giuramento di rito prestino anche un consenso informato su quanto li aspetta o esibiscano un’attestazione di censo.

Paolo Scagliarini

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