Per uno sviluppo sostenibile …butta la maglietta!

Nel  2015  le Nazioni Unite adottavano all’unanimità l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

A gennaio 2016 l’Agenda globale con i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile entrava in vigore con l’impegno degli Stati aderenti di raggiungere i prefissati obiettivi entro il 2030.

Tra gli obiettivi finalizzati al miglioramento della qualità della vita della persona troviamo l’Obiettivo 5 : il raggiungimento dell’uguaglianza di genere e l’empowerment di tutte le donne, che tradotto significa promuovere azioni contro la discriminazone di genere, contro la violenza, vuol dire promuovere azioni volte ad eliminare la differenza salariale tra uomini e donne, azioni finalizzate all’accesso per l’istruzione femminile e al sostegno della presenza femminile nei ruoli dirigenziali dell’economia e della politica.

In Italia la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile SNSvS è stata approvata dal CIPE e definisce le linee direttrici delle politiche economiche, sociali e ambientali rivolte al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030 tra cui “promuovere una società non violenta ed inclusiva, senza forme di discriminazione”.

Tutto stupendo sulla carta degli obiettivi… finquando girando tra le corsie del supermercato non ti  imbatti in una maglietta dal messaggio evidentemente sessista, discriminatorio, violento e incitante il femminicidio e cioè:  una donna e un uomo discutono animatamente = problem,  un uomo che butta  la donna= solved.  PROBLEM  SOLVED (sigh!)

E’ quanto viene stilizzato sulla maglia-shock realizzata da una ditta, la skytshirt, e venduta presso la notissima catena di supermercati Carrefour.

Un fatto grave se pensiamo anche al colosso commerciale che l’ha messa in distribuzione e che, in questi ultimi giorni, ha suscitato non poche polemiche e prese di posizione da parte di politici, associazioni, testate giornalistiche.

La replica non poteva mancare ed è arrivata con tanto di scuse e ritiro della merce dai banchi. Replica che lascia il tempo che trova in quanto il prodotto era stato già immesso sul mercato, obbediente SOLO alle leggi della produzione e della vendita della grande catena, insensibile  e cieco  rispetto al messaggio discriminatorio in esso contenuto.

Tutto ciò non è incoraggiante per il buon esito della politica per lo sviluppo sostenibile che l’Italia starebbe adottando e per la quale – sulle carte – si è impegnata a realizzare entro il 2030!

Fatti, come quello della maglietta, che sommati ad altri altrettanto gravi, si traducono in numeri. Infatti, dalle recentissime ricerche sullo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite risulta che l’Italia è al 19^ posto nella classifica mondiale, mentre la prima tra le top ten risulta la Danimarca, seguita da Finlandia, Svezia e Norvegia.

La riflessione sugli ultimi accadimenti è di sdegno totale e ci induce inevitabilmente a pensare che la parità di genere è sempre, se non solo, un problema culturale come riconosciuto dallo stesso art.14 della Convenzione di Istambul che è il primo vero strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza.

Maria Bruscella

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