Era il 29 Giugno 2019 (era pre – Covid) quando sul nostro giornale online fu pubblicato un articolo (lungo?), dal titolo “Una nuova Cassa è possibile”, in cui ci si sforzava di esaminare (quasi riducendolo ai minimi termini e non certo per banalizzare il problema) il problema della Cassa.
Non si sa in quanti abbiano avuto la voglia e la pazienza di leggere quell’articolo; di certo l’invito (più volteripetuto nel tempo) di non fare esplodere la cassaforte (con il rischio di renderne inutilizzabile il contenuto) ma di aprirrla cercando la giusta combinazione, non è stato tenuto in degna considerazione.
Peccato, visto che – a leggere i social (ormai assurti a veri e propri “voci qualificate” per il solo fatto di ricevere like) – non si legge un solo invito alla razionalizzazione della problematica che porti alla soluzione della stessa. È un florilegio di inviti alla protesta alla sospensione dall’albo, alla sospensione dalla professione. E in questo “fiorire” di inviti”, sguazzano quei movimenti che, ben lungi dal voler affrontare seriamente il problema, mirano ad “aumentare il proprio consenso”, ciurlando nel manico.
In questi giorni in cui Cassa ha inserito, nella posizione personale di ogni iscritto, le famose “tre rate” da versare periodicamente (fine febbraio, fine aprile, fine giugno), in attesa della quarta rata di settembre, si leggono i più disparati inviti alla “disobbedienza”. Servono? Non servono?
Ma il punto di partenza dovrebbe essere lo stesso: un’altra Cassa, una nuova Cassa è possibile?
Più che di inviti alla “disobbedienza contributiva” (memorabile è una affermazione di una attuale consigliera dell’ordine e Bari, la quale – candidata alle elezioni per la nomina a delegata a Cassa Forense – arrivò a dire “se non avete nulla da perdere, non pagate perché non vi succede nulla”, dimenticando che non verrebbe erogata la pensione, in caso di “buco” nei versamenti), bisognerebbe invitare allo studio della menzionata problematica.
Una nuova Cassa è possibile?
Noi diciamo di si.
Sediamoci e parliamoci chiaramente.
Noi ci siamo!
Nicola Zanni*
* direttore editoriale di Futuro@Forense
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