La critica e l’insulto

Uno degli argomenti maggiormente tirati in ballo, nei casi in cui il proprio pensiero non viene tenuto in considerazione, è questo: se critichi me che sono superiore a te e non mi dai lo spazio che io ritengo adeguato, mi censuri.

Tale atteggiamento (spocchioso e francamente antipatico) è riscontrabile, soprattutto, in alcuni “soloni” che imperversano sui media e che, per tanti (opinabili o giusti motivi, a seconda dei punti di vista; ma non è questo il punto) si ritengono depositari della Verità, sentendosi autorizzati a dare impunemente in giro del “bastardo” o dell’assassino, in nome dell’art. 21, Costituzione.
Questa “libertà di critica” (che invece coincide con la volontà di insultare il nemico) tuttavia è univoca, non riconoscendola, i “cantori” della stessa, in capo a che è criticato/diffamato. La colpa è di chi (politico) ovviamente, ha consentito a certi personaggi di “godere” di una certa libertà di diffamare ed offendere, garantendo a costoro legittimazione ed appoggi. Il motivo è semplice: facevano comodo per raggiungere il potete.
Sui social la situazione non è migliore: nelle pagine di “cattivi maestri”, le “shit storms”, travestite da post critici, scatenano orde di frustrati i quali, nascosti dal filtro del pc, si lanciano in veri e propri insulti (a politici ed elettori) meritevoli di censure penali.
Aveva proprio ragione Umberto Eco …
Nicola Zanni* 
*Direttore editoriale di Futuro@Forense

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