Io, il sindaco Decaro e l’avvocato scemo

È il 9 agosto 2019, verso le ore 19,00. Si sta ricordando lo sbarco di 20000 albanesi dalla nave Vlora (una carretta che da Durazzo è
riuscita ad arrivare a Bari, non si sa come, passando indenne da una sponda all’altra dell’Adriatico, grazie alla clemenza di Eolo e
Nettuno che hanno consentito una traversata al limite dell’inverosimile), presso il Teatro Margherita.
Tante le persone che ricordano il sindaco Enrico Dalfino, la sua coraggiosa presa di posizione di fare entrare nel porto di Bari quella
carretta (nonostante gli strali del Presidente della Repubblica dell’epoca, Francesco Cossiga). Ovviamente, fra questi, il sindaco di Bari,
Antonio Decaro che mi onoro di annoverare fra le mie conoscenze quasi ventennali e che, da parte sua, in quella occasione, ricorda
l’episodio e, con emozione, dichiara che Bari è stata sempre al primo posto, nella accoglienza delle persone in difficoltà provenienti da
nazioni estere.
Durante gli interventi ed i ricordi, mi fermo a parlare con il consigliere Vito Lacoppola, collega, amico che, in quel momento, ride
alle fesserie che sparo (e ne sto sparando tante). Gli dico che voglio rivolgere ad Antonio delle domande sulla edilizia giudiziaria (solo
9 giorni prima si è sottoscritto il Protocollo di Intesa sul Polo Unico della Giustizia alle Casermette). Mi dice che Antonio è incasinato e
che, per ogni cosa, è meglio parlare prima con la sua addetta-stampa, la dott.ssa Aurelia Vinella di cui, dopo qualche ora, mi gira il
contatto.
Il 30 agosto, dopo essere rientrato dalle ferie, verso le 12,30, chiamo la menzionata dott.ssa Vinella, mi presento, le riferisco del
consigliere Lacoppola e del suo «passaggio» del contatto telefonico e le spiego il motivo della mia telefonata. Questa si mostra molto
gentile e disponibile e, richiesta da me dell’indirizzo mail suo (che mi gira via whatsapp dopo qualche minuto), mi prega di trasmettere
a questo indirizzo mail le domande da sottoporre al sindaco Decaro. Nel pomeriggio della stessa giornata, le giro le domande,
comunicandole – sempre via whatsapp – l’invio citato, con preghiera di farmi pervenire le risposte entro il 10 di settembre, in quanto,
entro quella data, si chiudevano gli articoli da pubblicare sul cartaceo del nostro giornale Futuro@Forense.
Per il 10 settembre, nulla arriva.
Allora provo a chiamare il sindaco Decaro e la menzionata Aurelia Vinella. Rigorosamente a vuoto. E nessuno mi richiama …
Allora, il direttore Paolo Scagliarini ed io, di concerto, decidiamo di mandare ugualmente in stampa il giornale, perché abbiamo
preso un impegno con i lettori ed i colleghi. Pubblichiamo ugualmente (in altra parte) le domande, inevitabilmente monche delle risposte
che avremmo avuto piacere a leggere. Ma tant’è…
Tuttavia, alcune considerazioni mi vengono da fare e le faccio.
La prima: il sindaco Decaro (che prima delle elezioni di maggio 2019 mi ha cercato, perché lo votassi) è sparito. Eppure mi aveva
garantito, la sera del 9 agosto (ci sono delle foto che testimoniano il nostro incontro, in occasione del quale gli avevo anticipato la mia
intenzione di parlare dell’argomento e ricevendo da lui la massima collaborazione), che avrebbe risposto. Ma andiamo oltre.
La seconda: sicuramente io e la mia Associazione evidentemente non siamo degni di considerazione, da parte delle Istituzioni
politiche, allorquando si tratta di avere risposte che attengono (a torto o a ragione) circa 7000 avvocati che si barcamenano
quotidianamente tra inferni vari e che vogliono, quanto meno, delle risposte (non dico certe, ma almeno provenienti da una fonte
attendibile e qualificata, quale il sindaco di Bari e dell’Area Metropolitana) sui contenuti di un Protocollo di Intesa che neanche io
(Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Bari) conosco direttamente, se non per averle lette sui giornali (a spizziche e m’ddiche, si
dice in dialetto barese).
E, dispiace ricordarlo, noi siamo una Associazione Forense, con Statuto ed Atto Costitutivo regolarmente registrati e che «… ha per
oggetto la progettazione ed il coordinamento di iniziative volte a favorire la realizzazione di un programma di riforma del sistema
giudiziario con l’integrale recupero del contraddittorio sulle scelte politiche e sulla tutela dei diritti della persona, dell’attività forense
sotto ogni aspetto deontologico e professionale, per contribuire alla formazione di un sistema giudiziario efficiente e rispettoso dei
diritti dei cittadini» (art. 3, Statuto Futuro@Forense).
Avremmo avuto piacere di ricevere risposte certe, non dico sulla tempistica di realizzazione della Cittadella, ma almeno sui
contenuti, così da farci una idea (sia pure larvata) su ciò che ci aspetta (e non lasciando spazio alla immaginazione dei giornalisti che
stanno scrivendo sull’argomento, dando l’impressione, loro si!, di avere notizie certe).
La terza: e qui il ricordo va, inevitabilmente, all’episodio di Cassa Prestanza e dell’avvocato scemo che il Comune di Bari avrebbe
officiato, in caso di vertenza dinanzi al Tribunale di Bari – Sezione Lavoro. Le immagini «rubate» (così mi disse il Sindaco, prima delle
elezioni, in occasione di una sua telefonata prima della tornata elettorale del 28 maggio 2019) parlavano chiaro. In Consiglio
dell’Ordine, quando ci fu lo scandalo dell’avvocato scemo, sedevano due futuri candidati nella coalizione a sostegno del Sindaco
uscente (e poi riconfermato) e lo stesso Presidente del COA fu informato (tempestivamente, stando a quanto dettomi da Antonio
Decaro) proprio per evitare fraintendimenti e levata di scudi. In quel frangente, il Sindaco chiese scusa a Stefanì e a lui tanto bastò per
chiudere la querelle.
L’episodio mi è stato confermato dallo stesso Antonio, in occasione della suddetta telefonata, allorquando gli ho detto che avrebbe
dovuto innalzare un monumento ad imperitura memoria del Presidente Giovanni Stefanì, perché – per me – lui meritava una
dannazione eterna, dato che aveva dimostrato come la considerazione verso gli Avvocati che il Comune di Bari officia, fosse tendente
verso il basso.
Una conferma su tutti: il bando con cui si chiede che i Colleghi, con massimo 15 anni di anzianità, inseriscano il proprio nominativo
nella short list di potenziali difensori del menzionato Ente.
L’avvocato scemo, appunto: non merita di ricevere notizie, non merita di avere rassicurazioni, non merita di essere trattato come
professionista («se voi fate ricorso, il Comune si costituisce e mette un avvocato scemo»), merita di essere trattato come un questuante
(«Avvocato, allora Lei non ha bisogno di lavorare», mi disse nel 2011 una dirigente comunale, allorquando le dissi che, con quello che
aveva versato il Comune per una causa, la vita non mi sarebbe cambiata, ricevendo – lei – in cambio l’affermazione «si vergogni; Lei
sta con il culo al caldo, dall’alto del suo stipendio da dirigente, mentre sta micragnando sulle spese da me anticipate»).
Avremmo meritato una risposta, noi 7000 colleghi.

Ci sarebbe piaciuta una risposta.
Ma noi siamo gli avvocati scemi.
Ed io, sicuramente, lo sono più di tutti.

Nicola Zanni
Consigliere dell’Ordine di Bari, Presidente di Futuro@Forense, Direttore Editoriale di Futuro@Forense (in arte, l’avvocato scemo per antonomasia)

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