Finalmente bandita l’alienazione parentale

Il 24 marzo scorso con l’ordinanza  n. 286/2022, la Corte di Cassazione ha buttato fuori dai Tribunali e dallo Stato di diritto l’alienazione parentale, meglio conosciuta come PAS e, di conseguenza, l’esecuzione coattiva dei provvedimenti emessi nei confronti dei minori. L’ordinanza è stata emessa nell’ambito di un procedimento promosso da Laura Massaro, una donna che tutti abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare per la sua immensa forza di volontà.

Oggi Laura, dopo quasi dieci anni di lunghe lotte e sofferenze, ha, finalmente, VINTO!

Laura, nel corso della sua lunga battaglia giudiziaria era stata accusata di ‘alienazione parentale’, la tristemente nota “sindrome” meglio conosciuta come PAS (mai riconosciuta a livello scientifico) con la quale molti Tribunali giustificavano e giustificano l’allontanamento coatto del minore dalla propria madre. Negli anni abbiamo assistito a scene orrende trasmesse dai Tg dove i bambini vengono prelevati coattivamente dinanzi alle scuole per essere affidati all’altro genitore oppure collocati in strutture, senza avere più alcun contatto con i propri familiari. Ricordo, uno fra tutti, il prelevamento coatto del bambino di Cittadella (PD), prelevato improvvisamente un giorno mentre era a scuola e allontanato dai suoi genitori e dai suoi amici. Ricordo ancora le urla disperate e straziate di quel bambino, strattonato dai familiari e dalle forze dell’ordine e la violenza di cui quella scena era intrisa.

Ma questa volta è andata, fortunatamente, in maniera diversa. La Cassazione ha posto un primo, importante, freno al prelevamento coatto e e a tutti quei provvedimenti adottati negli anni, tesi a mistificare la realtà, in un panorama giurisprudenziale che nega fermamente ogni validità del paradigma dell’alienazione genitoriale e di ogni suo corollario.

L’ordinanza è storica poiché, per la prima volta, viene annullata la decisione di decadenza dalla responsabilità genitoriale sul figlio minore e di trasferimento del bambino in casa-famiglia, ritenendo l’uso della forza, in fase di esecuzione, fuori dallo Stato di diritto.

La decisione ribadisce alcuni principi di fondamentale importanza: innanzitutto che il diritto alla bigenitorialità deve tener conto delle conseguenze  sulla vita del minore, in quanto la stessa bigenitorialità è, principalmente, un diritto del minore; oltre a ciò,  evidenzia come le pronunce emesse fino ad oggi miravano a rimuovere la figura genitoriale della madre appiccicandole addosso l’etichetta di madre “simbiotica/alienante” sulla base di consulenze tecniche “appassionate” alla PAS, nonostante  la stessa sia notoriamente un costrutto ascientifico. Ed infine, che l’esecuzione coattiva dei provvedimenti nei confronti dei minori è da ritenersi fuori dallo Stato di diritto e che gli stessi debbano essere ascoltati nelle situazioni che li riguardano.

Finalmente viene rimesso al centro dell’attenzione il superiore interesse del minore anche rispetto alla bigenitorialità e che, seppure sia importante la necessità per il bambino di ricostruire un rapporto con il padre, bisogna sempre considerare e ponderare questa esigenza con il possibile trauma nel distacco con la mamma, sopratutto quando questo viene riconosciuto dal minore come il rapporto affettivo principale.

Ecco i punti piu’ salienti della Ordinanza n. 286/2022:

il richiamo alla sindrome d’alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre”. La bigenitorialità “non può rispondere a formula astratta …nell’assoluta indifferenza in ordine alle conseguenze sulla vita del minore, privato ex abrupto del riferimento alla figura materna con la quale, nel caso concreto, come emerge inequivocabilmente dagli atti, ha sempre convissuto felicemente, coltivando serenamente i propri interessi di bambino, e frequentando proficuamente la scuola”.

“In tema di affidamento dei figli minori, l’ascolto del minore infradodicenne, capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, atteso che è espressamente destinato a raccogliere le sue opinioni e a valutare i suoi bisogni”.

“Tale adempimento non può essere sostituito dalle risultanze di una consulenza tecnica di ufficio, la quale adempie alla diversa esigenza di fornire al giudice altri strumenti di valutazione per individuare la soluzione più confacente al suo interesse”.

La Corte ha anche evidenziato come, in molti casi, l’autorità giudiziaria di merito abbia del tutto omesso di considerare quali potrebbero essere le ripercussioni sulla vita e sulla salute del minore a causa di una brusca e definitiva sottrazione dello stesso dalla relazione familiare con la madre, con la lacerazione di ogni consuetudine di vita, ignorando che la bigenitorialità è, anzitutto, un diritto del minore.

La Corte di Cassazione, infine, si è espressa anche sull’uso della forza fisica diretta a sottrarre il minore dal luogo ove risiede con la madre, per collocarlo in una casa-famiglia, ritenendo suddetta misura “non conforme ai principi dello Stato di diritto in quanto prescinde del tutto dall’età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento, e potrebbe cagionare rilevanti e imprevedibili traumi per le modalità autoritative che il minore non può non introiettare, ponendo seri problemi, non sufficientemente approfonditi, anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona, sebbene ispirata dalla finalità di cura dello stesso minore”.

Certo la strada da percorrere è ancora molto lunga, poiché tante sono le mamme – coraggio che continuano a lottare per poter tornare a vivere insieme e serenamente ai propri figli ed è per questo che in un Paese civile, in uno Stato di diritto come il nostro, non dobbiamo e non possiamo dimenticare donne come Giada, Laura, Ginevra e tantissime altre mamme che lottano ogni giorno per poter, un giorno, riabbracciare i propri figli.

Nessun genitore dovrebbe vivere la sofferenza dovuta ad un distacco così lacerante e, quindi, anche noi avvocati, specie se matrimonialisti, mettiamoci del nostro e cerchiamo di essere portatori di pace e non guerrafondai perché, altrimenti, a rimetterci, saranno sempre i bambini e dei loro traumi e delle loro sofferenze saremo noi gli unici responsabili.

Maria Antonietta Labianca

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