L’etica e le pecore: il Marchese di Carabais non capisce

Come ogni buon giornalista sa, negli articoli di stampa, si deve usare sempre la terza persona singolare ed il narratore non deve mai parlare in prima persona. E’ una regola che tutti i giornalisti devono usare. Ma siccome io non sono un giornalista e sono stato chiamato in causa da uno zotico, ne La replica del Circolo degli Aristocratici ospitata sul nostro Futuro@Forense del 22 Febbraio 2022, sono costretto a violare tale regola ed a parlare a lui (e solo a lui) in prima persona. Anche perché – stando alle cronache ed ai resoconti raccattati in giro qua e là, origliando le dicerie di chi dice di non leggere il menzionato nostro giornale – i lettori sono veramente pochi (e, loro si!, si possono fregiare del titolo di aristocratici).

Il Marchese di Carabais, nella sua dura rampogna, mi imputa di non aver capito il senso del vocabolo coerenza e ergendosi, lui mò, a Giudice supremo, dice che mi sbaglio a voler rivendicare la purezza del termine coerenza come legato indissolubilmente all’animo umano. Ovviamente si parla dell’animo puro, netto, di chi si guarda allo specchio e riesce a non sputarsi in un occhio. In poche parole, io aspirerei alla santità e, per ciò stesso, non posso essere ritenuto credibile. A suo dire, ciò che io definisco incoerenza, altro non è che “solo e soltanto la sindrome della pecora che pascola stretta nel gregge in attesa che giunga la sera ed arrivi il Pastore per ricondurre tutti nell’ovile”. In pratica, non si può criticare l’incoerente in quanto – come una bandiera che garrisce ai quattro venti – si muove solo perché l’istinto primordiale di sopravvivenza lo spinge a farsi pecora (il che, per alcuni soggetti, costituisce una immagine veramente orripilante).

Forse ha ragione il nobile criticante; o, forse, anch’egli la pensa come me e vuole provocare una reazione. Ma, in fondo, chi è l’incoerente, importa poco. Ciò che dovrebbe importare, è la reazione suscitata. Fa ribrezzo oppure no? E cosa si fa per non essere come lui? Sul punto il nostro Marchese di Carabais non vuole rispondere.

E allora giro la domanda a noi tutti: onestamente (ma veramente onestamente) cosa facciamo per non essere come lui? Ed aggiungo (ma io, da buon uomo del volgo, non ho difficoltà ad usare certi termini): non ci facciamo schifo (almeno un poco), quando ci scopriamo incoerenti con noi stessi? O la voglia di gregge ci porta ad azzerare le nostre coscienze? Oppure la nostra coscienza e la voglia di gregge coincidono?

Boh!

Però, Direttore, la prossima volta, quando decidi di pubblicare certe sortite, avvisami ché io sono debole di cuore.

            Nicola Zanni

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