La verità e le ripercussioni

L’odio è cieco, la collera sorda, e colui che vi mesce la vendetta, corre il pericolo di bere una bevanda amara (A. Dumas)

Mai chiamare le cose e le persone con il loro nome; si rischia di offendere. Tradotto in parole povere, bisogna far attenzione a non dire la verità, a qualunque costo, perché inevitabilmente qualcuno si potrebbe risentire e “vendicarsi”.

Ma può, questo tipo di vendetta, avere un senso? O, piuttosto, non è la plastica rappresentazione dell’animo di un eterno Peter Pan il quale (a dispetto della sua età anagrafica) si comporta da bambino, adottando le misure tipiche dell’età da 0 a 10 anni?

Questo tipo di atteggiamento è riscontrabile in ogni categoria umana e, degna di appositi studi, lascia pensare soprattutto se si parla di soggetti ricoprenti cariche Istituzionali. Ci è o ci fa?

Nel dubbio (che diventa una certezza), raccontiamo una storiella.

“C’era una volta un uccellino abbandonato dalla mamma in un nido. Faceva troppo freddo e c’era tanto vento, ragione per cui, a seguito di una folata, l’uccellino cascava dal nido.

A causa del freddo, il piccolino stava morendo intirizzito. Ma la fortuna era dalla sua parte; infatti, in quel momento, si trovò a passare – proprio vicino a lui – una vacca la quale lasciò sul selciato una grossa cacca che coprì interamente l’uccellino.

L’uccellino – grazie al <tepore> del ricordo vaccino – iniziò a riprendere le forze, al punto da fischiettare contento.

Senonché, in quell’istante, passò un gatto il quale, incuriositosi per il canto, decise di frugare fra la mota; trovato l’uccellino, lo pulì ben bene e… ahhhm … ne fece un sol boccone.

Morale: non tutti quelli che ti coprono di merda, sono nemici; non tutti quelli che ti tirano fuori dalla merda, sono amici”.

Quindi, prima di vendicarsi (e dimostrare di essere ancora bambini), è opportuno capire che (qualche volta) le critiche non sono fini a se stesse (e l’amor proprio non deve sentirsi violato).

Altrimenti non ne usciamo più.

Nicola Zanni

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