Amministrazione di sostegno: il ruolo delle istituzioni

Da quando la L. n.6/2004 ha introdotto nel capo I, titolo XII del c.c. l’amministrazione di sostegno quale nuovo istituto giuridico in tema di protezione delle persone deboli (prive in tutto o in parte di autonomia),  si discute molto sull’oggetto del “sostegno”, sui i poteri dell’Amministratore di Sostegno (ADS), sugli atti di ordinaria e straodinaria amministrazione, sui limiti e sui vuoti legislativi ancora da colmare, il tutto al fine di cucire un abito giuridico ad hoc per la persona “fragile”.

Il recente incontro professionale avuto con un medico psichiatra dedito da anni al servizio pubblico per  la cura delle persone fragili nel distretto sanitario di Bari-Bitonto, mi ha dato motivo di riflettere su un aspetto importante sul quale vorrei soffermare la mia attenzione: il ruolo delle istituzioni come previsto dall’406, 3 comma cc, secondo cui i responsabili dei servizi sanitari e sociali-direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona (…) sono tenuti a proporre al Giudice Tutelare il ricorso per l’apertura del procedimento di ads”.

Ciò detto implica che le istituzioni sono chiamate a svolgere un ruolo attivo per l’applicazione della misura di protezione in parola. Infatti, diventano essi stessi organo di impulso del procedimento proprio sulla base del dovere di solidarietà politica, economica e sociale previsti dall‘art. 2 della Costituzione.

L’azione e la legittimazione attiva delle istituzioni, attraverso i servizi socio-sanitari si sostanzia nell’attuare un interesse generale, ovvero un diritto obiettivo e non nel far valere un diritto soggettivo proprio o altrui, al punto che una violazione  potrebbe generare sotto il profilo civilistico una responsabilità risarcitoria ex art. 2043 c.c., mentre sotto il profilo penale potrebbe generare la fattispecie di reato di cui all’art. 328 c.p. qualora i servizi socio sanitari omettano di attivarsi a seguito di segnalazione scritta di terzi.

La responsabilità civilistica dei servizi socio-sanitari,  pur inizialmente prevista nella bozza della legge, nel testo conclusivo non compare esplicitamente, ma sappiamo bene che una omessa o ritardata segnalazione del sostegno in favore di tale categoria di persone “fragili”, determinerebbe un peggioramento della qualità della vita e/o la mancata realizzazione personale, e pertanto sarebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione che impone allo Stato di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la liberta e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

Pertanto, una disfunzione amministrativa territoriale determinando una ritardata o mancata adozione dei provvedimenti di protezione in favore del bisognoso, si traduce in una responsabilità civile per dolo o colpa grave del preposto all’ufficio competente, il cd. “responsabile”. I responsabili quindi hanno il dovere di mettere il disabile/il bisognoso di cure, in una condizione tale che Egli debba superare, ridurre e non aggravare le limitazioni che sfortunatamente già possiede.

Ne discende che il servizio socio-sanitario assume, o per lo meno è chiamato ad assumere un ruolo da protagonista al fine di realizzare un obbligo solidaristico e di interesse generale. La responsabilità di cui trattasi, non si riverbera sull’organo apicale della struttura ma è “a cascata”, nel senso che coinvolge tutti gli operatori che operano a diretto contatto con il beneficiario e che sono a conoscenza dei fatti, della situazione che involge la persona “fragile”. Il responsabile del servizio (organo dotato del potere di rappresentanza esterna) una volta informato è tenuto ad attivare il ricorso innanzi all’Autorità Giudiziaria.

Ecco che il ruolo dei servizi socio sanitari non solo  inzia con il dare impulso al procedimento, cui fa seguito la fase istruttoria del Giudice Tutelare (G.T.), e nell’ambito della quale i servizi stileranno una relazione ed  esamineranno il quadro vulnerabile del beneficiario di ADS, ma continua con una serie di altri poteri di collaborazione e ausilio al G.T., come previsto dall’ art. 344 c.c.  Se ne deduce, quindi, che  il ruolo delle istituzioni – in particolare dei servizi socio sanitari, va ben oltre il mero impulso a tutela della persona debole, poichè si configura quale vero e proprio collaboratore del Giudice.

L’obiettivo a cui la rete delle amministrazioni locali, i servizi socio sanitari unitamente ai Giudici Tutelari, devono tendere, consiste nel garantire alle persone fragili – benficiarie di misure di protezione- le stesse opportunità e diritti dei soggetti sani.

Per raggiungere tale obiettivo è necessario che le istituzioni compiano atti, fatti, iniziative finalizzate a garantire il rispetto dei diritti. COME? La legge affida ai servizi socio sanitari locali il compito pubblico di proteggere i soggetti deboli in difficoltà, poichè per loro natura sono a più stretto contatto con la realtà e col disagio sociale e arrivano prima dell’ufficio inquirente. Allo scopo occorrerebbe una fattiva collaborazione con il volontariato, una sensibilizzazione della cultura dell’aiuto gratuito e solidarietà, e tracciare linee di sostegno coordinato con altri enti, oltre alla realizzazione di uffici territoriali in grado di  servire il soggetto debole. Finchè tutto ciò resterà incompiuto  “il sostegno” non potrà realizzarsi pienamente e i diritti non saranno salvaguardati.

Il futuro?

Non disponiamo di poteri divinatori è vero, ma i Servizi Sociali dei Comuni fungendo da garanti dell’attuazione della legge regionale potrebbero, anzi dovrebbero promuovere e diffondere l’ADS,  istituire e gestire gli sportelli ad hoc per la promozione e formazione dei futuri ADS,  istituire elenchi dei soggetti disponibili a svolgere l’incarico mediante appositi accordi con l’autorità giudiziaria competente territorialmente, infine coinvolgere, stilare convenzioni con le associazioni di volontariato iscritte nell’apposito Registro Regionale dei soggetti del privato sociale interessati alla protezione delle persone con ridotta autonomia.

Solo in questo modo uno strumento legislativo concepito e nato per i cittadini “fragili” può tradursi in uno strumento concreto del Welfare sociale.

Avv. Maria Bruscella

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