Ripartiamo dai valori.

“Non guardare ciò che è contrario alla decenza, non ascoltare ciò che è contrario alla decenza, non parlare di ciò che è contrario alla decenza; non fare nessun movimento che sia contrario alla decenza”

Confucio, c. 500 a.C.

Nella società moderna caratterizzata dalla imponente interconnessione e dall’impressionante velocità con la quale le informazioni viaggiano nello spazio e nel tempo superando confini di stati e continenti, l’attualità del pensiero di Confucio è più che mai corrente.

Basti pensare all’uso dei social network e di tutti i supporti informatici che consentono di veicolare informazioni ad una pluralità indefinita di soggetti perdendone di fatto il controllo in spregio al naturale diritto all’oblio.

Li chiamano comunemente “leoni da tastiera” e sono personaggi dalla dubbia moralità, incapaci a sostenere un confronto dialettico ma sempre pronti a turbare, sobillare e minare l’altrui serenità con post volgari e menzogneri.

A loro, oggi voglio raccontare, nella vana speranza di stimolare la rinascita di valori etici, la storia di Mizaru Kikazaru e Iwazaru erano le guardiane del santuario shintoista Shogun Tokugawa Ieyasu a Nikkō (una piccola città sulle montagne a nord di Tokyo). “Mizaru” nota in occidente come “scimmia che non vede il male”, “Kikazaru” “scimmia che non sente il male”, “Iwazaru” “scimmia che non parla del male”. Alle volte a queste si affiancava una quarta scimmia chiamata “Shizaru” (raffigurata con le mani incrociate) e simboleggiante il principio del “non compiere il male”.

Questa l’origine del principio “non vedere il male, non sentire il male, non parlare del male”, così rappresentato dalla raffigurazione delle tre scimmiette, quella con le mani sugli occhi, quella con le mani sulle orecchie, quella con le mani sulla bocca e, quella con le mani incrociate.

Tuttavia per poterne cogliere il significato – evidentemente ben lontano rispetto a quello che in occidente è comunemente ritenuto essere – occorre tenere a mente i principi dello shintoismo i cui valori etici sono racchiusi in alcune frasi: “La sincerità porta alla verità. La sincerità è saggezza, che unisce l’uomo e il divino in un tutt’uno”. “Sii caritatevole con tutti gli esseri: l’amore è la prima caratteristica del divino”.

Lo Shintoismo presenta un’infinità di insegnamenti positivi, che nascono anche come conseguenze dei suoi precetti fondamentali. Una prima regola etica è sicuramente la disponibilità verso gli altri.

La religione shintoista insegna che l’uomo deve sempre offrirsi per aiutare il prossimo, caritatevolmente, sinceramente e amorevolmente, per mantenere l’armonia e il benessere nella società. Conseguentemente lo Shintoismo incita al contenimento dell’egoismo e dell’egocentrismo, promuovendo invece l’umiltà.

“Non vi è posto per l’egoismo nello Shinto”.

Minamoto Yoshitsune: “Ammettere uno sbaglio è il primo segno di una grande saggezza”.

Questa è la chiave di lettura per poter comprendere ed apprezzare il valore di quell’immagine raffigurante le tre scimmiette.

L’insegnamento di “Mizaru” è proprio quello che dice: “Non vedere il male”, o non guardare tutto ciò che è male. Non desiderate il male, non lasciare che entri nel nostro sistema, neppure per un momento.

Il messaggio di “Kikazaru” si basa sullo stesso principio, ovvero il solo ascoltare il male determina che il male diventi parte di noi, quasi che il corpo si comportasse come una spugna assorbendo il tossico per poi rilasciarlo lentamente.

“Iwazaru” è portatrice del messaggio più importante, la cui comprensione non può prescindere dalla rigorosa applicazione dei principi portati dalle prime due scimmie.

Se vedere ed ascoltare sono esercizio dei nostri (cinque) sensi i quali implicano l’introduzione nel nostro corpo qui inteso come entità fisica e spirituale, il parlare comporta l’esternazione di quello che abbiamo introdotto.

Ecco spiegato il messaggio di “Iwazaru” non vedo il male, non sento il male e quindi, non parlo del male.

Oggi più che mai è forte la necessità di riappropriarsi del messaggio spirituale portato da quell’immagine vecchia di 2.500 anni.

L’uso distorto dei social, il culto dell’immagine ed altri disvalori della società moderna hanno determinato un imbarbarimento della società.

Ripartiamo dai valori!

Michele Rubino

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