Lei non sa chi sono io!

Meno sappiamo più pensiamo di sapere. La strana storia del succo di limone che rende invisibili.

Il dizionario della lingua italiana, edito da Treccani, alla parola ignoranza così riporta: dal latino ignorantia a sua volta derivato dal privativo in e dal verbo greco gnorizein (conoscere) quindi letteralmente “mancanza di conoscenza”.

Essa è la condizione che qualifica l’ignorante colui che ha trascurato la conoscenza di determinate cose che si potrebbero o dovrebbero sapere.

Socrate alla base del suo pensiero filosofico poneva il concetto di “sapere di non sapere” ovvero un’ignoranza intesa come consapevolezza del fatto che non esiste una verità definitiva e immutabile come quella che crede di possedere il sofista.

Quella di Socrate paradossalmente è una docta ignorantia, un’ignoranza fonte di sapienza, che lo spinge, tramite il dialogo, a ricercare una verità che però continuamente gli sfugge tanto da convincersi, alla fine, di non sapere e proprio per questa consapevolezza di essere egli più sapiente degli altri.

Tuttavia l’indole umana restituisce una realtà diversa, dove l’ignoranza perde il valore positivo e risveglia nelle persone l’atteggiamento di superiorità.

Diceva Mark Twain “tutto ciò di cui hai bisogno in questa vita è ignoranza e fiducia, poi il successo è assicurato”.

Da Socrate a Darwin sono stati condotti innumerevoli studi per determinare ciò che specifica il comportamento di “superiorità” nelle persone.

Una delle teorie della moderna psicologia che si occupa di queste faccende è nota come l’effetto Dunning – Kruger.

Essa identifica un disturbo cognitivo in quei particolari soggetti che credono di sapere più di quelli che hanno studiato e maturato esperienza, senza riconoscere la loro stessa ignoranza ed i ripetuti fallimenti.

Questa distorsione viene attribuita all’incapacità metacognitiva (il termine metacognizione significa letteralmente “oltre la cognizione”, ed è usato per indicare la cognizione sulla cognizione, o più informalmente, il pensiero sul pensiero) da parte di chi non è esperto in una materia di riconoscere i propri limiti ed errori.

Paradossale è che, sempre secondo gli studi di David Dunning e Justin Kruger professori della Cornell University (Ithaca New York) il possesso di una reale competenza, al contrario, può produrre la distorsione inversa, con un’affievolita percezione della propria competenza e una diminuzione della fiducia in se stessi, poiché gli individui competenti sarebbero portati a vedere negli altri un grado di comprensione equivalente al proprio.

Dunning e Kruger hanno tratto la conclusione che: “l’errore di valutazione dell’incompetente deriva da un giudizio errato sul proprio conto, mentre quello di chi è altamente competente deriva da un equivoco sul conto degli altri”.

Il guaio è che le vittime dell’effetto Dunning-Kruger non si limitano ad offrire il loro pensiero ma lo impongono quasi fosse verità assoluta, facendo passare le sfortunate vittime per incompetenti ed ignoranti.

Trattare con codesti figuri risulta impresa ardua in quanto tendono ad avere un pensiero piuttosto rigido, sicché il sapiente (vittima della cosiddetta distorsione inversa) tenderà a cedere il passo con tutte le inevitabili conseguenze.

L’incompetente vive in uno stato di superiorità illusoria credendo di essere molto saggio, ma in realtà è molto indietro rispetto a chi lo circonda; le persone che sono affette da questa sindrome credono che le loro capacità siano molto più alte della media anche quando chiaramente non capiscono di cosa stanno parlando.

Non hanno l’umiltà di riconoscere il proprio bisogno di miglioramento rifiutando di riconoscere il potenziale di coloro che li circondano ottenebrati dal proprio ego.

Particolarmente interessante è l’evento che suscitò l’interesse degli psicologi americani.

Negli anni ’90 nella città di Pittsburgh un uomo a volto scoperto e senza alcun apparente timore di essere identificato assaltò due banche. Nel volgere di poche ore il criminale venne tratto in arresto.

Sin qui nulla di stano se non per la confessione del reo il quale dichiarò di essersi applicato del succo di limone sul volto con la convinzione che tale espediente lo avrebbe reso invisibile agli occhi delle telecamere. Successivamente si apprese che la gloriosa idea del succo di limone, era frutto di un suggerimento di due suoi amici e che il “simpatico idiota” aveva anche provato scattandosi una foto in cui – per mero errore di messa a fuoco – non si vedeva il suo volto.

Quella prova, per il criminale, fu la conferma della validità della teoria.

La bislacca storia raggiunse la Cornell University dove il professore di psicologia sociale David Dunning non poteva credere a quello che era successo. Così si chiese: è possibile che la mia incompetenza mi impedisca di vedere questa stessa incompetenza?

Fu così che insieme al suo collega Justin Kruger mise mano ad una interessante ricerca.

In una serie di quattro esperimenti analizzarono la competenza delle persone nel campo della grammatica, del ragionamento logico e dell’umorismo.

Ai partecipanti venne chiesto di stimare il loro livello di competenza in ciascuno di questi campi. Successivamente, vennero sottoposti ad una serie di test volti a valutare la loro reale competenza. Fu allora che i ricercatori notarono che quanto maggiore è l’incompetenza della persona, tanto minore è la sua consapevolezza.

Paradossalmente, le persone più competenti e capaci erano solite sottovalutare le loro capacità e conoscenze.

Così nacque l’effetto Dunning-Kruger.

Questi psicologi conclusero inoltre che le persone incompetenti in una determinata area di conoscenza:

– Non sono in grado di rilevare e riconoscere la loro incompetenza;

– Di solito non riconoscono la competenza degli altri;

Nulla di nuovo all’orizzonte potremmo dire, visto che quanto teorizzato dagli psicologi americani costituisce di fatto la validazione scientifica della “teoria del cretino” se non fosse per l’ulteriore scoperta fatta da Dunning e Kruger ovvero che questo effetto viene diluito man mano che la persona aumenta il proprio livello di competenza e diventa anche più consapevole dei propri limiti.

Dall’ignoranza si può guarire… curiamoci ed avremo una società migliore.

Michele Rubino

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