A Lecce, i prossimi 6, 7 ed 8 Ottobre, si terrà il 35° Congresso Nazionale della Avvocatura cui l’Associazione Futuro@Forense parteciperà con due delegati, vale a dire Eugenia Acquafredda e Nicola Zanni. Uno dei temi Congressuali (anzi, il primo tema Congressuale indicato dal Comitato Organizzatore del Congresso, all’atto della indizione del Congresso stesso) sarà dedicato a Un nuovo ordinamento per una Avvocatura protagonista della tutela dei diritti nel tempo dei cambiamenti globali. E, come in ogni Congresso che si rispetti, i temi congressuali sono volutamente generici (e, in teoria, validi per fare entrare nel Congresso stesso, tutto ed il contrario di tutto) in modo da consentire alla Commissione deputata al controllo delle mozioni da portare in votazione alla assise congressuale, una sorta di libertà di falcidiare quelle mozioni ritenute scomode, bollandole come inammissibili.
E’ avvenuto in ogni Congresso; avverrà anche a questo Congresso; e non si vede il motivo per cui ci si dovrebbe distaccare da questo principio umano prima ancora che politico, in questa occasione.
Ma il tema Congressuale Un nuovo ordinamento per una Avvocatura protagonista della tutela dei diritti nel tempo dei cambiamenti globali, nella sua voluta genericità, dovrebbe solleticare un po’ la attenzione di chi (anche in maniera sbrigativa, superficiale ed anche grezza, in quanto a digiuno – colpevole o incolpevole, non importa) parla di Politica Forense. Cosa si intende per nuovo ordinamento per una Avvocatura protagonista della tutela dei diritti nel tempo dei cambiamenti globali? E l’occhio dovrebbe cadere sull’inciso nuovo ordinamento.
Chi ha avuto la fortuna (o la sfortuna) di assistere al Congresso di Bari (vivendolo magari da Delegato Congressuale), tenutosi nel novembre 2012, si ricorderà come gli animi si scaldarono (anche) perché si stava pensando ad una riforma della Legge Professionale del 1933, ritenuta – da alcuni (e, ovviamente, si evitano nomi e provenienze politiche per pietas christiana) – come non più indifferibile. Secondo costoro, anche a costo di votare una porcheria bisognava votare tale legge perché (per quanto fosse una schifezza) era pur sempre una nuova Legge.
In pratica, è vero che la novità fa schifo, ma, secondo il ragionamento di questi illuminati, questa era meglio di una Legge che, tutto sommato, ha dimostrato di essere passata indenne da 80 anni di anzianità di servizio e vari interventi della Corte Costituzionale.
Lo scempio, quindi, era servito.
Una legge arraffazzonata, forgiata nella peggior fucina della idiozia e che – al tempo – ha trovato terreno fertile (anche in quella parte della Avvocatura che oggi finge di non ricordare delitti e lacerazioni che si verificarono al Congresso di Bari), oggi deve essere adeguata al tempo dei cambiamenti globali. Sì; ma quale parte dell’ordinamento deve essere rivisitato? E per far posto a cosa?
Un esempio su tutti dovrebbe chiarire le idee (e risvegliare dal torpore quanti, dolosamente, al tempo si affannarono a lodare in maniera sperticata una Legge professionale censuaria ed oggi nicchiano, in attesa di salire sul carro dei vincitori): il famigerato art. 21, quello che obbliga tutti gli iscritti alla iscrizione a Cassa Forense, di fatto lasciando alla mercé di questa, chi non è in grado di stare sul mercato (secondo i parametri fissati sempre dalla Cassa).
E’ notizia di questi giorni (grazie ad una sorta di fuga di notizie dall’interno di Cassa) che l’uscente Comitato dei Delegati di Cassa Forense sta approvando una serie di cose, senza toccare minimamente il Regolamento nella parte in cui si prevedono (e si stabilisce l’entità delle) sanzioni per il ritardato pagamento dei contributi previdenziali. Una considerazione, sul punto, è d’uopo: per pensare ad un nuovo ordinamento, forse si dovrebbe partire proprio dall’art. 21 (che, a quanto pare, in pochi vogliono rivedere). Forse perché fa comodo?
A distanza di dieci anni da quel Congresso, quindi, oggi si assiste ad una presa di coscienza di aver fatto una sciocchezza, in nome di tutta la Avvocatura italiana. In pochi, in sede Congressuale, ebbero il coraggio di puntare l’indice contro una sciocchezza colossale che stava passando (e che era stata spacciata per la meraviglia delle meraviglie). Quella parte della Avvocatura italiana (riunita in Congresso a Bari e che, ascoltate le parole del Presidente del Senato di allora, Schifani, il quale disse che la nuova Legge Professionale non era una priorità, salvo poi vedere l’approvazione della Legge il 31 Dicembre 2012), votò a favore della novità, oggi che dice?
Chi, allora, votò contro, venendo scaraventato agli inferi con il rango di paria della Avvocatura, oggi può affermare (e a ragione): io lo avevo detto! Ma non basta!
Dal Congresso di Lecce deve venire fuori forte e chiaro un messaggio: la Legge Professionale va rivista in tutti i punti! Ed in primo luogo vanno rivisti gli articoli 21 (quello che impone l’iscrizione a Cassa Forense, con le regole che questa detta) e quelli relativi al c. d. procedimento disciplinare (perché è inumano che Colleghi vengano condannati a sanzioni disciplinari per fatti commessi quindici anni prima).
Perché deve essere chiaro che il concetto di giusto processo (altro tema Congressuale) deve valere anche per noi, nell’ambito di quella Giurisdizione domestica in cui si entra per cooptazione dei COA (magari per servigi resi al Presidente di turno, eventualmente scalzato dal suo scranno, a seguito di sentenza riguardante la sua ineleggibilità).
Noi ci siamo!
Nicola Zanni*
*Delegato al 35° Congresso Nazionale della Avvocatura