L’esito del voto deve far riflettere. Sempre.

In Italia siamo abituati alle elezioni. Probabilmente sarebbe meglio dire che ne siamo quasi assuefatti, almeno in considerazione dei veleni che questa antica pratica democratica porta necessariamente con sé. Ogni elezione è (necessariamente, mi verrebbe da dire) una scelta tra più opzioni, ed ogni scelta comporta un (altrettanto necessario) sacrificio comparativo. Tra due -o più- proposte, se ne può e deve scegliere una sola. Non necessariamente la migliore in termini assoluti, ma la migliore per noi, qualunque cosa ciascuno possa intendere con questo concetto.

La Democrazia, in fondo, è proprio e solo questo, un confronto tra proposte alternative che trova nel momento elettorale il proprio punto più alto, sottoponendo la scelta su quale modello sia migliore per una comunità alla Provocatio ad populum, ovvero proprio alla comunità che quel modello dovrà vedere (auspicabilmente) applicato.

“E’ per gli uomini il terreno di scontro più duro”, come chiosava un lucidissimo politico del passato ma, probabilmente, è anche l’unico che conosciamo. Proprio per questo, è il migliore.

Anche l’Avvocatura non si sottrae, a cadenza pressocché annuale, vista la moltiplicazione degli Organismi rappresentativi che è chiamata ad eleggere.

Questa lunghissima premessa (anche in questo caso mi verrebbe di dire: metodologica), per dire che mi è stata chiesta una analisi politica del recente voto espresso, in seno all’Avvocatura barese, per l’elezione dei delegati al Congresso.

Chi lo ha fatto mi conosce bene: sa, evidentemente, che in un remoto passato mi sono divertito a scrivere e, in un passato un po’ meno remoto, mi sono divertito (anche in questo caso, un po’ meno) a praticare i campi della politica. Probabilmente ha intuito di poter mettere assieme le uniche tre grandi passioni della mia vita.

Ma veniamo all’analisi politica del voto. Innanzitutto, complimenti agli eletti ed anche a chi, pur non eletto, si è proposto (meglio: sottoposto) alla valutazione del corpo elettorale: la dialettica democratica presuppone la rappresentatività che, dopo le elezioni, si traduce in rappresentanza. Senza la prima, e senza tutti i candidati che possono essere considerati legittimi ed autorevoli nel rappresentare gli interessi di un gruppo, le elezioni non avrebbero senso.

Sugli esiti credo ci sia poco da dire, sono i numeri a parlare per noi. Ed i numeri ci dicono che l’Avvocatura Barese ha scelto di dare continuità ad un percorso politico iniziato con le ultime elezioni al COA, scegliendo nel contempo una rappresentanza di minoranza molto qualificata.

Si dirà che queste specifiche elezioni poco o nulla avevano a che fare con le (ben diverse) elezioni al COA.

Credo sia vero solo in parte. Innanzitutto ed in termini generali, perché ogni elezione è un momento importante, tale da fornire preziosi elementi di giudizio. Proprio per questo, non deve mai essere sottovalutata o, peggio, snobbata.

In secondo luogo, perché le due liste che si sono proposte avevano caratteristiche abbastanza diverse.

Infine, leggo che ha partecipato al voto all’incirca un quarto del corpo elettorale, segno evidente che quest’ultimo non si è affatto sottratto ed anzi ha compreso cosa gli si stesse chiedendo.

Proprio da quest’ultimo dato cerco di astrarre una considerazione di carattere generale: con tutti i se del caso, è possibile che l’Avvocatura Barese abbia inteso dare al proprio voto il valore di indicazione per il futuro.

E’ possibile, in altri termini, che il corpo elettorale stia suggerendo di concludere un tempo di contrapposizioni nette, in qualche caso un po’ meno politiche ed un po’ più personali, che nell’ultimo decennio hanno caratterizzato l’Avvocatura Barese?

Se sì, il dato non è affatto da sottovalutare. L’Avvocatura -tutta, non solo quella barese- sta vivendo l’ennesima fase di profonda trasformazione, di passaggio da un passato ormai superato ad un futuro ricco di opportunità ma anche di sfide potenzialmente esiziali.

Il presente, questo presente, è incerto e ci pone di fronte alla sfida di affrontare i tanti, troppi temi, la cui soluzione sarà il presupposto dell’Avvocatura del futuro.

Ecco, il futuro è già qui, mentre noi ne stiamo parlando.

Ed è arrivato il momento di compattarsi per non esserne travolti.

Antonello Stigliano

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