Diritto di Difesa e Delitto di Lesa Maestà

“Più piccola è la mente, più grande è la presunzione” (Esopo, Favole)

E’ storia di questi giorni: il Prof. Oliviero Mazza e l’Avv. Rossella Ognibene hanno ricevuto, da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ancona, la notifica dell’avviso della conclusioni delle indagini preliminari nei loro confronti, in quanto indagati per il reato di calunnia nei confronti della Dott.ssa Valentina Salvi, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia. Stando alle cronache e al comunicato delle Unioni delle Camere Penali Italiane (UCPI), i due indagati – nell’esercizio della loro funzione difensiva di imputati in un processo penale importante – avrebbero eccepito “l’incompatibilità alla testimonianza di due consulenti tecniche del pm, facendo presente che, come psicologhe, avevano partecipato all’assunzione di sommarie informazioni testimoniali prima di essere nominate consulenti” (da Il Resto del Carlino edizione online del 22 Maggio 2025).

A sostegno della loro tesi, i due legali avevano altresì evidenziato che “.. per assurdo se non si volesse riconoscere alle psicologhe il loro ruolo nell’assunzione delle sommarie informazioni, non essendo state ancora nominate consulenti, bisognerebbe riconoscere che non avessero titolo per partecipare ad una attività di indagine segreta e dunque si sarebbe realizzata una violazione del segreto d’ufficio” (da Il Resto del Carlino edizione online del 22 Maggio 2025).

La notizia – di per sé – evidenzia, a questo punto, due considerazioni.

La prima riguarda la funzione di cui parla espressamente l’art. 24, c. 2, Costituzione (“La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”): se la difesa di una persona (in ogni sede Giudiziaria) è sacra e inviolabile, di conseguenza tutti (compreso chi esercita funzioni Giurisdizionali e di difesa degli interessi dello Stato) devono attenersi. In fondo, le regole di ingaggio sono disciplinate dei vari codici di procedura e – a quanto è dato sapere – questi, allo stato, non sono stati modificati (soprattutto nella parte in cui si parla di difensori delle parti).

La seconda considerazione riguarda il posizionamento delle parti processuali dinanzi alla Legge ed al Giudice terzo (situazione, questa che – in evidenza – riguarda maggiormente il processo penale, ma che, in alcuni casi, si verifica anche nel processo civile). Le parti sono (o dovrebbero essere) allo stesso livello, sotto ogni punto di vista (non escluso quello relativo al rispetto delle funzioni, nell’ambito della Legge).

Ecco perché fa specie leggere notizie di tal fatta.

Ma, al di là di ogni altra cosa, ci si pone una domanda: può, un Avvocato, nell’esercizio del proprio ministero, essere processato per una frase che il PM (suo naturale contraddittore) sente diretta a sé?

Chi esercita la Professione legale da un po’ di tempo, può confermare come – sicuramente senza che vi sia volontà, da parte dell’agente – talvolta (anche in provvedimenti Giurisdizionali) la penna scivoli, a chi è chiamato a decidere sulle varie istanze (ed anche agli inquirenti). Ma mai nessun Avvocato si è permesso di personalizzare le questioni.

In tutta onestà, ci si augura che la questione finisca in una bolla di sapone, ben certi – però – che questo non sarà l’ultimo episodio che vede protagonisti un Giudice (che si ritiene personalmente offeso per delle eccezioni processuali) ed un Avvocato (che le solleva).

Parliamo di Avvocato in Costituzione; però, prima di ogni cosa, dovremmo parlare di tutela costituzionale dell’Avvocato che, per una incomprensione (perché tale la potremmo definire, altrimenti si dovrebbe parlare di permalosità), finisce sotto processo perché ha esercitato le facoltà consentite dalla Legge (la difesa degli assistiti), sulla base del dettato Costituzionale.

In Turchia gli Avvocati vanno in prigione.

Non vorremmo che, in Italia, succedesse lo stesso.

            Nicola Zanni*

  • Tesoriere di Futuro@Forense e Delegato al Congresso attualmente in carica

Author: admin