Diciamo no al cyberbullismo

Si è conclusa il 17 novembre il ciclo di incontri organizzati dalla scuola Don Giovanni Bosco, Venisti di Capurso (Ba) il giorno 10 novembre, dal liceo Cartesio di Triggiano nonché della dell’istituto comprensivo Marconi di Casamassima , rientranti nel progetto “Diciamo no al cyberbullismo”. Tale progetto, finanziato dalla Regione Puglia, come da legge n. 234/2021, ha avuto la finalità di descrivere il fenomeno da un punto di vista socio culturale, sviluppare le competenze emozionali, comunicative e relazionali degli alunni, osservare a gestire e controllare il meccanismo del bullismo all’interno degli ambienti scolastici e nella sua dimensione virtuale, rendere gli alunni consapevoli dei rischi connessi con questo tipo di comportamento, educarli all’uso corretto degli strumenti di rete, oltre a supportare i docenti ed i genitori nell’educazione di alunni e figli.
L’evento, rivolto ai genitori ma anche ai ragazzi – i quali hanno anche realizzato dei cortometraggi – ha visto altresì la partecipazione di Futuro@Forense nella persona del suo Presidente avv. Nicola Zanni nonchè della scrivente e dell’associazione OdV “Anto Paninabella ” creata da Domenico Diacono che, nell’ambito di una tematica così importante e nel contempo stringente, hanno portato la testimonianza della figlia Antonella, che si è tolta la vita a soli tredici anni .
La intro dei dirigenti scolastici Rosa Lisa De Nicolò, Maria Morisco e Francesco Pio Damiani, ha avuto lo scopo di rappresentare il fenomeno nell’ambito scolastico e l’approccio con gli alunni, con la realizzazione di uno spot progresso sul fenomeno da far circolare presso gli Isitituti scolastici e non solo.
Per la regolamentazione del fenomeno è stato necessario specificare che in Italia lo stesso è stato definito dalla legge del maggio 2017 n. 71, che parla di “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito dei dati personali in danno di minorenni, nonchè la diffusione di contenuti on line il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
Ebbene, uno degli aspetti peggiori del fenomeno del bullismo (poi traspostato sul web e quindi divenuto cyberbullismo) in questo contesto approfonditi, è proprio quello della banalità delle motivazioni che spingono i ragazzi a fare del male ai propri coetanei. Spirito di emulazione, necessità di prevaricazione o di rivalsa ma anche problematiche endofamigliari, che sono le spiegazioni che fanno da contorno a tutte una serie di giustificazioni per il ragazzo, il quale nella maggior parte dei casi non comprende bene cosa sia “antigiuridico”, perchè purtroppo calato in una realtà sociale che lo spalleggia ridendo e tendendo giornalmente a denigrare, neppure accorgendosi che il suo comportamento, reiterato, possa portare a delle conseguenze inimmaginabili e che sono qualificabili come reato.
Nella maggior parte dei casi, i ragazzi conoscono alla perfezione i meccanismi e la forza del web e le innovazioni, ma non sanno ancora valutare appieno le conseguenze delle proprie azioni e questo li rende particolarmente vulnerabili. E però sono sul web, oramai ci sono quasi tutti.
Con i genitori non si è potuto fare altro che constatare – e dunque ammettere apertamente – che ormai non esiste un solo ragazzino o adolescente (ma il discorso può estendersi senz’altro anche ai bambini di otto/dieci anni) che non conosca i social come Facebook, Instagram, Twitter, Tik tok soprattutto, e poi Snapchat, WhatsApp, YouTube .
I social network sono un sistema che consente una circolazione dei dati estremamente rapida e favorisce la condivisione di ogni genere di informazione (fotografie, video, registrazioni vocali, opinioni, ecc.) con un numero elevatissimo di utenti, senza alcun limite geografico. Chi si registra su una piattaforma sociale, oltre ad usufruire di contenuti generati da altri utenti, offre ai partecipanti – tra i quali possono rientrare anche persone non conosciute affatto o non conosciute direttamente – informazioni riguardanti le proprie opinioni, il proprio aspetto fisico (rappresentato, con mezzi grafici o tecnici, attraverso l’immagine), i propri gusti, il proprio orientamento sessuale o politico e perfino la propria posizione geografica. Consideriamo pure l’età di chi si registra, formalmente attraverso l’adulto.
Alla domanda se il minore può iscriversi sui social, pronta è giunta la risposta : “si, ma..” poiché per la maggior parte dei social usati dai ragazzi, per iscriversi occorre avere almeno 13 anni, ed il minore all’atto della registrazione deve fornire la propria età reale (non deve iscriverlo il genitore), mentre per whatsapp addirittura l’età minima è 16 anni. Ne è derivata la necessità di spiegare le conseguenze fisiche e psicologiche del cyberbullismo sono facilmente deducibili. Si spazia, infatti, dalla vergogna e dall’imbarazzo all’isolamento sociale della vittima, senza tralasciare varie forme depressive, attacchi di panico e atti estremi come i tentativi di suicidio e, purtroppo, suicidio.
Il cyberbullismo è psicologicamente più devastante del bullismo poiché, nella dimensione virtuale, infatti, gli atti di bullismo (immagini, commenti) spesso non possono essere cancellate o, se vengono eliminate, hanno comunque già raggiunto una diffusione capillare incontrollabile. Il cyberbullismo genera, quindi, ferite profonde proprio perché il fenomeno si autoalimenta ed è impossibile da controllare per il singolo.
Se nel bullismo confini spesso sono poco definiti poiché il bullismo classico permetteva la ricostruzione dei reati di cui all’art. 581 (percosse), 582 (lesione personale), 635 (danneggiamento), il cyberbullismo ne esalta le forme più perniciose poiché il bullo il più delle volte è deresponsabilizzato ed è spalleggiato dai suoi compagni nel perpetrare un comportamento “abituale” e prevaricante ed in più si unisce la giovane età che non aiuta a percepire la gravità del comportamento. Inoltre è protetto a volte dal c.d. Nickname.
Certo è però che si potrebbero aggiungere i reati di ingiuria (594), molestia e disturbo delle persone (660), 612 minaccia e art. 612 bis (atti persecutori). Ciò che vede considerato ai fini della responsabilità è, quindi, il quadro denigratorio nel suo complesso, difficile da definire. Per questi motivi, diventa fondamentale un’azione concertata di informazione preventiva praticata sia dalla scuola, sia dalle famiglie.
Definire i profili di responsabilità del minore che, a causa del comportamento prevaricante, aggressivo, denigratorio del confronti un suo coetaneo o coetanea, di fatto vada a ledere la sfera fisica e psicologica, fatto di cui talvolta non è cosciente.
E’ emersa una presa di coscienza, seppur parziale, da parte dei genitori che taluni comportamenti, spesso ripetuti dai ragazzi, ora per goliardia, ora per leggerezza, portino di fatto alla responsabilità civile (che è del minore) che però ricade sul genitore stesso, sia una responsabilità penale, di cui risponde il minore ultraquattordicenne . E’ stato spiegato chiaramente che la responsabilità dell’operato dei minori sul web ricade sui genitori, sui quali incombe il compito tradizionalmente volto ad impartire l’educazione adeguata, che tenga in debita considerazione quelli che sono i rischi della influenza e della relativa sovrapposizione della metodica del web sulla educazione stessa.
Se sul piano penalistico, non è possibile punire il minore infraquattordicenne, ai sensi dell’art. 98 del c.p., mentre per i minori dai 14 ai 17 anni, la capacità di intendere e di volere in relazione al reato compiuto deve essere sempre accertata. Per quanto, come giustamente Nicola Zanni ha avuto modo di osservare, il minore ultraquattrordicenne imputato di reato ma anche destinatario del perdono giudiziale, di fatto si vede iscrivere il provvedimento nel casellario giudiziale fino al compimento del ventunesimo anno d’età.
Sul piano civilistico la responsabilità del minore per danno arrecato a terzi ricade sui suoi genitori che ne rispondono per la culpa in educando (art. 2048 c.c.) nonché per culpa in vigilando (art. 2047 c.c.), superabili solo offrendo la prova positiva di aver rispettato, appunto, i doveri di vigilanza e i doveri educativi nei confronti dei minori . Ciò nonostante, secondo una certa parte della giurisprudenza, dalle modalita` dell’illecito sarebbe possibile desumere la carente educazione del minore, anche a prescindere, dunque, dalla prova del nesso di causalita` tra il fatto illecito del minore e la culpa in educando del genitore .
E poi è subentrato il racconto , delicato, empatico e straordinariamente vivido dei pensieri della sfortunata tredicenne Antonella Diacono, ragazzina delicata, profonda, gentile, dai sentimenti nobili, così responsabile da apparire genitore dei suoi genitori, ha davvero fatto comprendere come il mondo del minore sia semplice eppur complesso. In una fase evolutiva così delicata eppur bellissima, abbiamo davvero compreso come sia oltremodo necessario il valore dell’ascolto e contemporaneamente di codificare i segnali del disagio, quando essi siano anche la conseguenza di atti di bullismo, cyberbullismo, ingiustizie e prevaricazioni. E così, attraverso il viaggio nei suoi sentimenti, è parsa estremamente chiara la necessità di cogliere tutti i segnali adolescenziali , nel rispetto dei loro spazi, senza obbligarli a dirci a tutti i costi “io sono felice”.
Se da un lato il riscontro dei giovani alunni nell’ambito scolastico è stato positivo e consapevole, comunque propositivo, dall’altro è emersa a sorpresa una certa refrattarietà dei genitori ad affrontare l’argomento manifestatasi attraverso la loro ridotta partecipazione all’evento. Un dato questo, che ha fatto comprendere a tutti gli operatori coinvolti come il genitore conosca bene il fenomeno eppure lo confini ad una mera manifestazione giovanile di cui non ammette di avere la sua dose di responsabilità. Proprio questo riscontro, a mio avviso, ha regalato la consapevolezza di aver toccato il tasto dolente, che la sensibilizzazione ha iniziato a prendere il binario giusto nonchè la convinzione che questo progetto in qualche modo avrà sempre vita .”
Barbara De Lorenzis

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