Il ruolo dell’avvocato nella società

L’avvocato, nel comune sentire della società odierna, è quella figura professionale alla quale, generalmente, si approda quando tutto è compromesso, quando il consiglio del ragioniere, del consulente, del vicino di casa laureato in giurisprudenza o del nipote iscritto al secondo anno si rende inefficace. Si varca la porta di uno studio legale quale ultima tappa di un percorso obbligato o per difendere i propri diritti o per rivendicarli.

L’avvocato, alla pari del medico, per motivi pseudo-ancestrali e scaramantici è, dalle parti nostre, la persona della quale è bene non aver bisogno e dalla quale stare alla larga.

Eppure, la considerazione sociale della figura professionale dell’avvocato, al di là di battute e della necessità contingente e privata di chi si rivolge alle sue cure, è la cartina di tornasole della salute di uno Stato rispetto al grado, non dico di democrazia ma di civiltà raggiunta, nonché rispetto al grado di libertà goduto realmente non dico dai cittadini ma dagli uomini, anche di quelli non impegnati in una tenzone giudiziaria.

Su questo argomento si è espresso magnificamente in un articolo Gennaro De Falco sulle colonne informatiche de Il Riformista (https://www.ilriformista.it/avvocati-sempre-piu-ai-margini-e-magistrati-sempre-sotto-i-riflettori-diritti-e-tutele-sono-di-troppo-315954/?refresh_ce) di cui suggerisco la lettura.

Siamo in piena campagna elettorale ed il tema dell’avvocatura, come sempre stato, è totalmente assente poiché non considerato di vitale importanza e di comune interesse. Eppure, nonostante nei vari consessi parlamenti moltiplicatisi a tutti i livelli  siedano centinaia di avvocati, il ruolo dell’avvocato nella società, va sempre più degradando e ciò insieme al livello di libertà del singolo cittadino. Sembra quasi che la funzione di difesa assolta dal professionista sia circoscritta al caso singolo, al fascicolo sulla scrivania, e non anche al principio per il quale essa stessa esiste.  Tutto ciò mentre il mondo intorno a noi, vorticosamente, cambia; e non in meglio.

Da questo declino nessuno può tirarsi fuori, neppure l’Università che, evidentemente, non forma ai principi ma istruisce, al pari della scuola, con una meccanicità matematica, a cause ed effetti in cui l’Uomo è assente o scompare, mentre ministri di questa Repubblica invitano ad un’istruzione più tecnica e scientifica a discapito di quella umanistica.

Siamo alla vigilia degli algoritmi, non possiamo più far finta di niente.

Paolo Scagliarini

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