Una questione di Etica

In questo periodo ed in particolare in questi giorni domina le pagine dei telegiornali e dei giornali per non parlare dei social la questione  – cito le testuali parole utilizzate dai mass media – dei “FURBETTI DEL BONUS”.

Tutti a dire la propria, dai politici alla gente comune le cui opinioni si potrebbero sintetizzare nel “è una questione di Etica”.

Partiamo, dunque, dalla definizione di etica e cerchiamo di trasporla non solo al caso pratico che ci occupa, bensì alla attualità in senso più ampio oltre che lato.

Etica è la ricerca di ciò che è bene per l’uomo, di ciò che è giusto fare o non fare, è un modo di comportarsi in base a ciò che ciascuno ritiene sia la cosa più giusta.

Nessuno, dunque, potrà negare che il comportamento assunto dai quei 5 parlamentari (sembrerebbe che ce ne siano molti altri di “furbetti” anche fuori dal Parlamento e che ricoprono funzioni pubbliche) sia legalmente lecito, ma eticamente scorretto, perché non è bene richiedere il bonus da parte di chi, di fatto, abbia continuato a percepire regolarmente lo stipendio (onorevole e più che dignitoso) da parlamentare e o funzionario pubblico.

Tuttavia, e in base alla definizione data del termine etica, questi soggetti hanno posto in essere un comportamento che ciascuno ha ritenuto essere la cosa più giusta.

Orbene, non ho alcuna intenzione di giudicare questi comportamenti anche perché non spetta a chi, come me, ha ricevuto quel bonus, tuttavia mi preme far notare come si sia circondati da tutta una serie di comportamenti eticamente “opinabili” vedi ad esempio coloro – alcuni e per fortuna non tutti – che (vengono definiti avvocati monocommittenti) hanno ricevuto regolarmente l’onorario da coloro per i quali in monocommittenza lavorano, ma che hanno fatto comunque domanda di bonus.

Orbene, questi colleghi, di fatto, si sono avvantaggiati (non si può dire arricchiti stante il valore modesto del bonus) dalla pandemia e dalla conseguente iniziativa messa in campo dal Governo.

Anche per loro, dunque, dovrebbe sollevarsi una questione “etica”, tuttavia mi guardo bene dal farlo perché ciascuno appunto si comporta in base a ciò che è più giusto in primis per se stessi.

Quello che è giusto per me può non esserlo per un altro e viceversa.

Un altro esempio che mi sento di condividere è il “comportamento” di coloro che si rifiutano di indossare la mascherina nei luoghi in cui è difficile garantire il distanziamento sociale, o di coloro che sono tornati da luoghi di vacanza tipo Grecia, Spagna, Malta e Croazia e hanno trascorso le loro vacanze senza assumere comportamenti “virtuosi” e quasi incuranti dei rischi a cui si sono esposti e a cui stanno esponendo i loro parenti, amici e conoscenti.

Verrebbe da dire: sono giovani e dopo tutto quello che hanno passato hanno diritto di divertirsi! Ebbene non è così che si rivendicano i diritti, e non sempre si può e si deve fare tutto ciò che si vuole e non tutto può essere giustificato.

Cosa fare allora se non cercare di spiegare il perché certi “comportamenti” siano eticamente opinabili per non dire scorretti?

Ed invece si preferisce tutti puntare il dito verso ciò che non è eticamente condivisibile secondo il proprio parametro; ciascuno di noi, infatti, ha una propria etica che molto spesso – anzi quasi sempre – non coincide con quella degli altri.

Tutti a sparare sentenze, ma pochi ad interrogarsi sui propri comportamenti. Cerchiamo, dunque, di essere di esempio e forse qualcosa nella coscienza collettiva cambierà.

Molto facile crearsi degli alibi e o giustificarsi con frasi del tipo: “lo fanno tutti”.

Partiamo da noi stessi, dalla nostra capacità di autocritica e cerchiamo di essere umili, perché con i nostri comportamenti – di fatto – diamo un volto alla società e a ciò che è eticamente corretto.

E’ sempre una questione di etica.

Noi ci siamo!

Eugenia Acquafredda

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